IL MEDICO OMEOPATA n. 52 (Aprile 2013)
Dott. Gustavo Dominici
Sono un po’ restio a partecipare ai festeggiamenti, anche a quelli ai quali tengo. Per questo e forse altro non ho mai partecipato ad alcuna festa dell’Omeopatia, pur avendo contribuito a diffonderla e confidato nel successo.
Domenica 14 Aprile però è stato inevitabile, anche perché ero parte del programma nel ruolo di direttore della rivista ed avevo girato l’invito a tutti i miei pazienti. In sostanza mi ero irrimediabilmente coinvolto.
Roma è più città in una e la parte sud, una sorta di downtown de noantri, ha sapori, odori e immagini caratteristicamente sue. La Città
poi, situata all’interno del mattatoio vecchio, è come una grande isola che vive di vita propria, così spaziosa, piena di verde e ricca di iniziative interessanti circa un vivere più consono con l’ambiente e con noi stessi.
Sole cocente, tutti in maniche corte, una sorta di scampagnata collettiva, festosa e leggera.
Che bravi questi organizzatori! scappa da dire.
Ma la sorpresa maggiore non è il luogo, piuttosto la quantità e la qualità della partecipazione. La stanza che ci accoglie è molto capiente, eppure letteralmente trabocca di persone, dà la sensazione che molti siano rimasti fuori e che premano per entrare.
A questo punto mi sento finalmente parte della festa, trascinato dentro dall’entusiasmo dei presenti, dalle loro espressioni e dai loro saluti, partecipi, affettuosi, fieri di far parte una sorta di selezione naturale.
I pazienti più consapevoli vivono il curarsi omeopaticamente come una forte caratterizzazione, una scelta coinvolgente che ha conseguenze tangibili.
E nei presenti non c’è solo interesse e desiderio di conferma della loro scelta, ma una sorta di riconoscenza verso l’Omeopatia, un qualcosa che possiamo chiamare senza timori amore per l’Omeopatia.
A noi medici omeopatici, sempre occupati a cercare di rendere sani i malati ossia, come si dice, guarirli (1), sfugge che siamo quotidianamente tramite di un messaggio intenso e profondo.
Ogni giorno, con molti piccoli atti magici, prescriviamo medicamenti estremamente rarefatti che modificano la capacità reattiva di esseri viventi.
Ogni giorno siamo guardati con stupore quando, opponendoci alla lunga lista di malattie e medicinali convenzionali, proponiamo una sola sostanza in globuli o gocce. Comprensibilmente stupefatti ci chiedono: Ma Dottore, solo questo per tutti i disturbi che ho?!
Immaginate poi cosa accade dentro ognuno di loro quando si riesce ad innescare un reale cambiamento, che fa scomparire i disturbi e migliora lo stato d’animo. Noi sottovalutiamo la consapevolezza e la partecipazione dei nostri pazienti, non ci crediamo fino in fondo: essi non rappresentano solamente il senso del nostro agire, ma il baluardo che manterrà viva la Medicina Omeopatica dai reiterati tentativi di affossamento.
Alla fine di questa giornata, che mi ha reso felice di esserci, ho compreso una cosa semplice: noi omeopati, il rimedio omeopatico ed i pazienti siamo una cosa sola, un unicum che rende possibile una magia che da oltre 200 anni migliora la vita degli esseri umani. Una magia ancora troppo raffinata per essere compresa dai sacerdoti della scienza. E allora, che festa sia!
Nota: non si è festeggiato solo a Roma, ma in tante altre città italiane. Invito i vari organizzatori ad inviarci il racconto della loro festa, che di volta in volta pubblicheremo.
1. Nel primo paragrafo dell’Organon, Hahnemann scrisse: «Scopo principale e unico del medico è di rendere sani i malati ossia, come si dice, di guarirli».
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“Il 10 Aprile 1755 nasceva C. F. Samuel Hahnemann. Intorno a quella data ogni anno in tante città del mondo si festeggia l’Omeopatia. Anche a Roma.”
Peder Severin Krøyer, Hip, hip, hurra!, 1888
134.5 × 165.5 cm, olio su tela, Gothenburg Museum of Art