Nulla è ineluttabile, in particolare la decadenza di un continente, di un paese, di un settore. Tutto dipende esclusivamente dagli individui che compongono tale comunità, dall’atteggiamento che decidono di assumere, se scelgono di contribuire o lasciarsi trascinare passivamente.
IL MEDICO OMEOPATA n. 48 (Dicembre 2011)
Dott. Gustavo Dominic
Nei giorni scorsi Renzo Galassi, futuro Presidente mondiale LMHI, mi raccontava del recente congresso indiano con una vivacità che non gli sentivo da tempo. Mi parlava della ricchezza e quantità dei lavori presentati, di tanti giovanissimi entusiasti dell’Omeopatia che affrontavano corsi universitari di Medicina Omeopatica, concludendo: Sono anni luce avanti a noi!
Anni luce avanti a noi. Questa frase mi ha continuato a ronzare in testa in modo inopportuno e quasi ossessivo. Non riuscivo a togliermela, mi tormentava. In particolare mi stimolava una domanda: perché loro sono così avanti rispetto a noi, cosa li differenzia? I cosiddetti paesi emergenti come l’India – emergenti non solo in ambito omeopatico, naturalmente – in cosa differiscono dai cosiddetti paesi in declino, come l’Italia? E la decadenza è una condizione realmente ineluttabile, una sorta di nemesi storica?
Alla fine, poco avvezzo a valutazioni socio-economiche, ho concluso che la differenza che ci separa è che loro non hanno perduto l’entusiasmo per l’esistenza, fatto che si tramuta in coraggio ed iniziativa, desiderio di intraprendere e sperimentare. In sostanza sono concretamente vivi e di conseguenza creativi. Fra mille contraddizioni, fra catastrofi e sofferenze, la loro energia vitale si è mantenuta vitale e dinamica, cosa che fa dire al mio amico Renzo: sono anni luce avanti a noi!
Cosa fa decidere ad un medico omeopatico di non far conoscere ad altri la sua esperienza clinica non rendendola fruibile come articolo o presentazione congressuale? Di fronte ad un caso risolto, più o meno complesso ed originale – ogni guarigione omeopatica è degna di ssere conosciuta ed è per sua natura originale – presi dall’entusiasmo, ad ognuno è venuto in mente di scriverlo e farlo conoscere. Cosa ci ha spinto a rispondere no? Cosa ha spento quell’energia creativa? A livello superficiale possiamo certamente stilare una lista di motivazioni/alibi a prova di indagine poliziesca, ma a livello più profondo, con maggiore onestà, che nome possiamo dare alla sensazione che ha dettato la rinuncia? Io propongo la parola inerzia, con la quale intendo il contrario dell’entusiasmo, il contrario del dinamismo, il contrario del coraggio e dell’intraprendenza.
Il contrario della vita.
Scrivere per altri, anche un semplice caso clinico, ci costringe a fare chiarezza sul nostro operato, a motivare le scelte, evidenziando così lacune ed errori. Visto l’enorme vantaggio ottenuto da un’azione così semplice, dovremmo decidere di scrivere più per noi stessi che per gli altri. Consapevoli di ciò ne Il Medico Omeopata abbiamo messo a punto una rubrica ad hoc, per brevi casi clinici, per facilitare al massimo l’accesso alla pubblicazione. Non esiste omeopata alle prime armi che non disponga di un caso acuto guarito con l’uso esclusivo della terapia omeopatica. Non esiste omeopata esperto che non disponga di materiale degno di essere elaborato e fatto conoscere. Ho spronato tanti colleghi, li ho visti tanto riluttanti prima quanto soddisfatti poi, a lavoro pubblicato, addirittura euforici.
Il metodo di mettere a punto un lavoro per una rivista o congresso dovrebbe essere materia di studio di ogni scuola di Omeopatia. Il numero di lavori pubblicati o presentati dagli studenti e dagli insegnanti dovrebbe essere uno dei parametri principali per valutare la scuola stessa. Come la Scienza Medica ufficiale ci insegna.
Ci sarà un Congresso FIAMO a Marzo, a Chianciano, probabilmente organizzato in troppo poco tempo. Ci sarà comunque un incontro fra Omeopati che non possono accontentarsi di stare insieme convivialmente. Questa si sarebbe decadenza!
Da un congresso ci si aspettano novità, stimoli, buoni lavori, iniziative. Questo dipende dai partecipanti, siano essi relatori o semplici auditori. Il congresso offrirà un’ulteriore occasione di porsi nuovamente il quesito e dare una risposta. Parteciperò o no? Porterò un mio lavoro o no? Sarò attivo o passivo, vitale o spento? Nulla è ineluttabile, in particolare la decadenza di un continente, di un paese, di un settore. Tutto dipende esclusivamente dagli individui che compongono tale comunità, dall’atteggiamento che decidono di assumere, se scelgono di contribuire o lasciarsi trascinare passivamente.
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